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venerdì 7 novembre 2014

Il luogo comune

[La Trahison des images - Magritte]

"Il conformista
è uno che di solito sta sempre dalla parte giusta
il conformista
ha tutte le risposte belle chiare dentro la sua testa
è un concentrato di opinioni
che tiene sotto il braccio due o tre quotidiani.
E quando ha voglia di pensare pensa per sentito dire
forse da buon opportunista
si adegua senza farci caso
e vive nel suo paradiso."
[Il conformista - Giorgio Gaber]


Non c'è cosa più svilente, unticcia e mortificante del luogo comune, dell'apparenza, dell'"io son colei che mi si crede!"
E oggi, con sto post, parto a bomba con la profanazione dei sepolcri imbiancati.

Sottoporrò alla vostra attenzione diversi aneddoti e a ciascuno darò un nome, corredato da un' immagine.
Il primo lo chiameremo, vediamo. Sì.

LA NUTRICEUTICA

[web's]

Quad'ero piccola, qualche discendente dei maori finito per sbaglio nel carnaio della mia famiglia, mi mise in testa che mangiando il cervello degli animai sarei diventata una persona intelligente.
E allora, facendomi coraggio, ingurgitavo circonvoluzioni su circonvoluzioni.
Mi tappavo il naso, certo, ma non lo davo troppo a vedere perchè la posta in gioco era troppo alta: o ingoi o non diventi la nuova Montalcini.
E l'astrolabietta ingoiava, pregustando i "bravissima" della maestra.
Qualche anno dopo venne fuori la storia della BSE, della mucca pazza.

E fortunatamente questa tradizione immonda ebbe fine.

Un altro aneddoto, ben più audace.

L'ABITO ED IL MONACO

[Il giorno dopo - Munch]

Avevo un fidanzato qualche annetto fa, tal P.
(Conosce questo spazio e probabilmente starà leggendo, gli sorrido amabilmente attraverso il monitor)
Dicevo, P.
Capellone, rockettaro. Ed io appena adolescente.
Quando mio padre lo intravide mi chiese se m'avesse dato di volta il cervello e volle sapere se era tossico, se era un tipo apposto.
Probabilmente già mi si immaginava in un qualche vicoletto con una siringa piantata nel braccio e con il fegato indurito dall'epatite C.

P. era un ragazzo di una dolcezza e di una sensibilità inaudite.
Completamente astemio e assolutamente non fumatore, figurarsi se eroinomane.
E, dulcis in fundo, lettore della Bibbia nei momenti buchi.

Ma questo a mio padre non lo dissi, mai.

LA DERMATOLOGIA
[Sezione di derma affetto da psoriasi - google's]

La prima volta che entrai in un ambulatorio di dermatologia, mi chiesi che accidenti ci stessi facendo lì dentro.
Vidi prescrivere pomate per la pelle secca e costosissimi shampoo per effluvium.
Mi venne in mente mia madre, che mi diceva “la medicina non è questo, vai per altri lidi.”

Da un mese ci sono tornata.
Quando ho fatto le cose a caso, nella vita, non ho mai avuto rimpianti: al massimo qualche risata in più in saccoccia.
Mi sono seduta e ho visto.
Ho visto fiori di ragazze smettere di uscire di casa per le aree depigmentate dalla vitiligine e giovani donne indossare pesanti parrucche pur di sembrare “normali”.
Ho invidiato la determinazione di chi riesce a smettere di andare al mare per paura di un nuovo carcinoma basocellulare da tagliuzzare via.
Ho letto qualsiasi sfumatura di paura negli occhi di coloro ai quali viene diagnosticato un melanoma, quand'erano andati dal dermatologo solo per un controllo, chiedendo un'ora di permesso da lavoro.
Chè tanto tutto resta sempre uguale.

Ma la cosa più dolorosa, credetemi, è stato percepire il dramma di chi vede i propri rapporti interpersonali, le proprie abitudini di vita, sgretolarsi via a poco a poco. 
La psoriasi riusciva a devastare pelle ed identità, contemporaneamente.

Voi forse non mi crederete.
Ma vi giuro, che io ho visto quanto male può fare l'emarginazione.
E quanto male può fare l'ignoranza.


E allora finiamola con questi luoghi comuni cel'hoduristi ed impariamo a portare rispetto.

Coi vostri deliri d'onnipotenza, ho già una mezza idea di cosa farci.

domenica 19 ottobre 2014

Il Mondo è grigio, il mondo è blu

[Linee di velocità - Giacomo Balla]

"Tu sai citare i classici a memoria,
  ma non distingui il ramo dalla foglia."
[Pigro - Ivan Graziani]


Sì.
In preda ad un raptus di pendolarismo tra dolore e noia, ho sovvertito gli schemi.
Mi sono alzata, mi sono scrollata di dosso la polvere dei giorni tutti uguali ed il puzzo della routine. 
E ho visto.

Di base non trovo mai posto, m'insinuo come la ghiaia dove riesco, dove posso riempire.
Eppure c'è uno spazio dentro cui non ho bisogno di permessi, di cambi di forma, di dresscode.
C'è uno spazio in cui non mi devo adattare, non è necessario.
C'è uno spazio.

C'è uno spazio sottile, tra le labbra di lui.
C'è uno spazio sottile e caldo dentro cui io posso perfino mutare, dentro cui posso decidere di essere in una frazione di secondo la sabbia umida della battigia e l'aria pungente e rarefatta di montagna.

In questo cammino in cui mi sono inoltrata, di spazio ne ho individuato anche un altro.

C'è un luogo, in Abruzzo, da cui riesci a vedere il Gran Sasso e l'Adriatico, contemporaneamente.
All'inizio ti senti spaesato, ma poi nemmeno sei più corpo: è tutto un pari e dispari tra anima e colline, la linfa inizia a scorrere veloce come il sangue e finisci per essere panteismo, di botto sei tornato all'origine.

Un giorno,
da qualche parte, 
in qualche posto, 
inevitabilmente incontrerai te stesso. 
E questa - solo questa - sarà la più felice o la più amara delle tue giornate. 
[Pablo Neruda]

Adesso io non so bene dove sono, nè dove ho intenzione di andare.
Ma mi concederò un respiro, forse due.
E poi ripartirò.

venerdì 12 settembre 2014

SantaVogliaDiVivere

[F. Nappo]

"... e dolce venere, di rimmel."
[F. De Gregori - Rimmel]


Oggi non è uno di quei giorni che profuma d'autunno.
Oggi non è uno di quei giorni che profuma d'autunno, ma forse, un po' profuma di malinconia.

Avete presente quella sensualità sottile sul bordo delle cose belle?
Quella sensualità così insidiosa e femmina che v'innamora?
Ecco, oggi non ce n'è nemmeno una goccia.

Oggi c'è solo attesa.
Oggi ogni sospiro si è sublimato, oggi la tachipsia si è andata ad insinuare tra le nocche severe delle dita in preghiera, si è andata a confondere col legno consumato degli inginocchiatoi.
E mi perdonerete se non mi genufletto, mi perdonerete davvero, ma da qualche anno il cilicio ha smesso di stringermi l'anima ed ha preso a stringermi la coscia.

Ma poi è così poetico, credetemi, pontificare sui massimi sistemi ed elaborare le proprie personalissime ed eminentissime teorie fissando l'onestà imperturbabile di una goccia che scivola sul vetro di un bicchiere.
Il mio, sì, esattamente il mio.

In fin dei conti la vodka ti pare onesta.
Così cristallina, eterea, così inodore.
Così piena di quella sottile genericità che tanto piace al secolo, di quel piacere sordo e frivolo che non ha forma nè colore.
Te lo dice lei stessa: nessuna promessa, io sono quella che vedi.

Un annetto fa chiesi della vodka ad un barman.
"Liscia. E senza ghiaccio."
Sorrise, forse addirittura capì.
"Ti ci vuoi guardare l'anima?"
Sorrisi, forse capii.

Ma una cosa è certa: nulla è più ipocrita di due dita di standard san pietroburghese.
Credetemi, se potete.
Chè questo, adesso, io lo so.

Stasera mi sono stancata, stasera nemmeno mi basto.
Ma mi farò bastare e bene o male cercherò di ripartorirmi domattina.
E così sia.

domenica 7 settembre 2014

Ahmbè.

Web's


Mettete una sera, a Roma.
Mettete un esame partorito.
Mettete un caldo impressionante e due tennet's.
Poi metteteci un gay bar, un gay waiter e una guinness.

Nera, sennò che t'a bevi affà.

Mettete l'isola tiberina bellabella, tutta illuminata.
E poi metteteci pure due shot, per gradire.

"Ieri sera me sò bevuta pure l'anima delli mortacci mia." [cit.]

Prima che potesse riflettermisi nell'iride la luce spezzettata delle persiane, si è svegliato un amico di sempre, il cerchio alla testa, aureola di santità d'obbligo in queste circostanze.

Allungo il braccio, la sveglia.
Ma non c'è il comodino, ma il letto non è il mio.

"Ma dove cazzo?"

Alla mia destra, deogratias, R.

Sì, però adesso devo andare, chè c'ho sul tavolo rinorree.
A presto.

sabato 23 agosto 2014

Per truffare la malinconia.

[Concetto Spaziale - Attese - Lucio Fontana]

"E poi verso sera li vedi,
tutti a caccia: una donna e via!
Che attraversano la notte a piedi,
per truffare la malinconia."

Banana Republic - L. Dalla / F. De Gregori

Questo post ce l'avevo in testa da anni.
Probabilmente, da prima che questo spazio vedesse la luce.
Alogena.

Vabbè.

Il Fontana l'avrei messo ancora più in grande, senza commento alcuno.
Avrebbe ben interpretato il senso del testo che mi appresto a scrivere.
Ma sarebbe stato ingiusto verso l'Astrolabia che fui e, soprattutto, nei riguardi di chi legge.

"Ma il tuo vecchio marito, nonna? Se n'è andato?"

Sposò mio nonno in seconde nozze, fino a dieci anni credevo fosse la madre di mia madre e dio-solo-sa quanto ne desiderassi gli occhi azzurri, o forse verdi. Belli, cangianti.

"Mio marito l'hanno fatto andare via."
"Chi?"

"La guerra."

Quando nonno era via mi mostrava qualche foto.
"Giuseppe si chiama. Chiamava."

Me lo rivedo. Pipa in mano, sguardo severo.
"Giuseppe."

"Sì, Giuseppe. E' bello sì?"
"Più del nonno."
"Zitta però, al nonno non dire niente."

Shhhh...
dita incrociate sulle labbra, per baciarle due volte. 
Un gesto che era una promessa sacra, un patto tra piccoli e grandi.

"Ma allora nonna, è morto in guerra?"
"Non è morto."
"E allora dov'è?"

L'insensibilità dei bambini è una delle cose che ancora oggi mi evoca insofferenza.
Ma la giustifichi, bene o male.
Nell'adulto, l'insensibilità, ti chiedei quale abisso nasconda.

"E' disperso."

Che parola nuova.
"Che significa disperso?"

"Che non l'hanno più trovato. Nè vivo, nè morto."
"Beh ma allora non è morto!"

Rideva, la nonna.
Ancora ne vedo la luce bellissima negli occhi, ne percepisco il suono del respiro.
"Massì che è morto, ormai sono passati tanti anni."

"Nonna, noi lo dobbiamo cercare! Secondo me è vivo! Magari domani torna a trovarti, tu che ne sai?"

Rideva, poi le scendeva una lacrima.
Ma subito si girava.
Non era educato mostrare la tristezza, per di più ad una bambina.

"La vuoi una frittatina?"
E alla fine, mi fregava.
Tutte le mie domande mi si bloccavano in gola.
Per lei era una manna, presumibilmente.

Oggi forse le avrei chiesto ancora dell'altro, col tono spocchioso della gioventù.
O forse nemmeno le avrei chiesto nulla.
Allora, però, a quella storia ci credetti.
Ed ogni giorno, dolcemente, speravo di vederla con l'altro nonno.

Ora, ne sono certa, in un qualche dove.
L'ha ritrovato.

Questo post ce l'avevo in testa da anni.
L'ho riletto e stilisticamente nemmeno è dei migliori.

Ma è il più vero, credetemi.

venerdì 15 agosto 2014

Decontestualizzazione

[Natalie Portman e Mila Kunis - Black Swan]

"Secondo me sò malati."

M'ero un cincinin estraniata dalla tavolata.
Vuoi il moscato, vuoi l'abbiocco, vuoi la mano confidente di lui, stavo da n'artra parte.

"Chi?"
"Eh?"

"No dico, chi è malato."

Deformazione professionale, sento malato e scatto.

"Le lesbiche e i gay."

Sto assopita, evidentemente sento cose sbagliate.
"Non ho capito, chi è malato? Gli omosessuali?"
"Eh si, loro."

Ah, ma bastava dirlo prima.
Sridacchio, il moscato tutto sommato era ottimo.

"E perchè?"
"Perchè non è normale."

Quando ti rispondono di botto e poi guardano a terra, vaghi, è intellettualmente disonesto controbattere.
Se hanno difficoltà ad inserire congiuntivi e condizionali nel discorso, poi, è a tratti anche pretenzioso.
Però, rilancio. In fin dei conti il moscato era ottimo perchè tacessi.
"Ma a me non pare una malattia, in ospedale non vengono a ricoverarsi."

"Eh vabbè, ma che significa? In natura.."

In natura.
Quanti figli innaturali ha prodotto la natura, quante sovrastrutture.
La nuova frontiera dello sfacelo umano è, ad oggi, un giusnaturalismo newage.

Lui mi sfiora con uno sguardo, e c'intendiamo.

"La più consistente scoperta che ho fatto 
pochi giorni dopo aver compiuto sessantacinque anni 
è che non posso più perdere tempo 
a fare cose che non mi va di fare."


Dear Jep, meglio di te non l'avrei saputo dire.
Anche se, dai sessantacinque, mi tengo ben lontana.

L'aria è profumata e leggermente rarefatta, come si confà alla montagna.
Io, dopo una due notti di sbronze amabilmente seguite da due mattine di aspirina, mi sono arresa. 
Ed ho rimesso le converse ed i jeans. 
E pure la collana, quella bella, quella greca.

"Oggi sei vestita quasi decente."
Nemmeno a lui piacciono molto, le sovrastrutture.

Ci sorridiamo.
Nella tempesta, va tutto bene.

Buon ferragosto,
 Astro.

mercoledì 13 agosto 2014

Sinestesia

[Jack Vettriano - A mutual understanding]

La lingua mente,
ma non sa ingannare.
[Cinestetica - Marta sui tubi]

"Se i tempi non sono i migliori, allora inventa altri tempi".
Mi è capitata ieri, tra le mani.
L'ho letta e ho sorriso.

Si scoppia di caldo, boccheggio.
Mi sdraio e mi abbandono alla mia mente, senza ancore di salvataggio.
Spesso lo faccio, è solo il piacere animale-intellettuale del fuggire.

Ho ferito, ingoiato, dimenticato, rimuginato.
Letto, riletto, rielaborato, tagliato e cucito su misura. Mia.

L'ho sempre fatto, da tempo immemore.
Camera chiusa, luce fioca. La penna in mano. E scrivevo.
E scrivo.

Ho venerato la parola, in ogni sua forma, sfaccettatura.
Ho camminato nel cerebrale della prosa, sono scivolata negli anfratti umidi e caldi della poesia.
Mi sono misurata con pagine differenti e ne ho scritte - occhio, nessun masterpiece - ma mi ha dato piacere. E pace.
La parola mi ha sempre fatto da madre, sorella, figlia, amante, misura d'ogni istante.

E per quanto giorno e notte mi cerchi in ogni dove, sull'iride variopinta di chi mi guarda, nelle pieghe del mio lenzuolo, nel freddo geometrico di un calice ricolmo di vino, alla fine della fiera l'unico specchio che più fedelmente rifletta questa mia anima, da anni, è solo il profumo della carta, l'odore intimo di lei. 

Il mio volto è la parola.

Vi abbraccio

sabato 9 agosto 2014

NunT'aReggae?

[Bob Marley]

"C'è un concerto reggae. Vuoi fare sorveglianza col dottore?"

Mh.
L'ultima volta che feci sorveglianza durante un concerto, fu per una neomelodica napoletana. Fu di una noia sconcertante ed il pubblico non aveva nè rasta, nè damigiane da cinque litri.

"Sì dai."

Avevo strutturato un programma bomba per la serata: a studio finito, almeno 5-6 dylan dog. Poi letto.
Invece, mi vesto.

Arrivo, il concerto è militarizzato, ma in fondo me l'aspettavo. Fino a qualche anno fa ce annavo io pure, vestita di canapa o con corpettini aderenti. Ricordo ancora un concertone di qualche anno fa, pieno di vino e d'allegria in cui un rastone mi coprì completamente coi rasta e mi baciò.
Le nostre madri credo stiano ancora cercando di smacchiarci i jeans, le converse bianche le buttai direttamente, tanto erano diventate rosa e s'erano forate per via di una scintilla.

Guardo il poliziotto all'ingresso, ci sorridiamo.
"Sò ragazzini eppure se distruggono, guarda che accidenti amo sequestrato". Dalle bottiglie di birra all'absolute vodka il passo è breve. eppure l'età media sarà di 15-16 anni, con qualche adulto e qualche outsider col mito di Bob sulla testa e nei polmoni.
Sorrido ripensando alla storiella del rastone, l'omino della coscienza mi si mette appollaiato sulla spalla e mi dice "sei borghese, arrenditi!"

No, non m'arrendo.

Il sound è simpatico. Però io vivo di rock ed il reggae dopo 20 minuti mi annoia, se in pieno possesso delle mie facoltà.

Mentre viaggio con la mentre tra i rasta del rastone, chiamano il doc.
Lo spettacolo è quasi ovvio.

"ragazzina, sedicenne, svenuta. Probabile coma etilico."
[quello che mi evocherò appena laureata]

Qualche scossone e si ripija. Però gli amici la mollano vicino all'ambulanza "grazie dottò, sennò nun ce vedemo er concerto". Un tizio cade e sbatte la testa, in un angolo un ragazzino coi leggings si vomita addosso, una tipa col semipermanente s'è ustionata il piede.
I poliziotti piantonano le uscite, girano con le torce accese per controllare palmo a palmo a terra.

Mi siedo, guardo il palco, il tempo di un respiro.

Sono borghese, m'arrendo.

Vostra, Astro.

giovedì 7 agosto 2014

HoTuttoInTestaMaNonRiescoAdirlo

[Tania and Lazlo's project]

Ho un sacco di roba in testa, da scrivere.
Quando ho cose sparse nella materia grigia, spesso e volentieri, finisco per parlare a pezzetti, a masticare pensieri e a strascicare parole: a non farmi seguire.

"capito si?"
"no astro, no."

Vabò, tentiamo.

Accanto a me, al solito, un libro.
Oggi ci sintonizziamo sulla cardiopatia ischemica.
"mifacagare" "macommecazzo.E'l'abbiccìdellamedicina." "Si,mailcuoreèunmuscoloel'animaunsurrogato" "eh?" 

Niente, lascia perde.

In questi mesi di silenzio stampa, varie nubi hanno solcato il cielo Astrolabiesco. Alcune pesantemente cariche di pioggia, poi un sole fortissimo a illudere, poi lampi e fosfeni a prova di distacco retinico.

"macazzoc'entramoildistaccoretinicom'odevispiegà"

Niente, t'ho detto. Lascia perde.

In vacanza, sulla riviera, un tizio ha chiesto a mia madre se poteva comprarmi per 50 cammelli.
Mia madre non credo sappia cosa farsene, dei cammelli. E ha declinato l'offerta.
Accanto a me c'era seduta un medico.
Allergologa ed immunologa, per la precisione.

"Ma che poi, boh, l'oculista alla fine non è che sia tanto medico. Si, vabeh, opera col microscopio. Si vabeh, cura gli strabismi. E vaboh, ma mica usa il fonendo, mica ti fa le analisi del sangue."
(Può far strano, ma alcuni rompono il ghiaccio così.)
Le battaglie, tra bianchi camici, si combattono a colpi di soffi olosistolici ed emocromi, se sei figo ti ci scappa pure la TC spirale.
Che poi, in tutta onestà, io sto complesso del pene epocale sviluppatosi tra colleghi impegnatissimi sottopagati e colleghi riccastri poco ospedalieri, ancora non l'ho ben chiaro nella testozza.

Sì, ma questa è un'altra storia.

Dietro di me, un tizio poco abbronzato con un tomo considerevole accanto.
"Diritto Penale"
Mi dice e ha pure il coraggio di abbozzare un mezzo sorriso.
Scappo.
Dagli avvocati e dai preti è sempre bene tenere le distanze, questo me l'ha insegnato mio nonno.

Ieri N. mi ha regalato un pò di sole. Gli ho offerto un bicchiere di vino e qualche chiacchiera di troppo.
Mi ha lasciato dei fumetti, in tema con la mia maglia rosa schiaparelli anni 80 (no, le spalline non c'erano).

Ho letto un'intervista a Courtney Love.
M'ha fatto male vedere ch'è plasticosa e amorfa, quasi come tutti gli altri.
"Ho cinquant'anni e voglio un figlio. E non voglio invecchiare."

Delizioso.

Torno ai miei libri. Ritornerò in questi spazi, con più ordine sulle dita, spero.
Una buona estate.

Astro.

domenica 1 giugno 2014

E che ce voi fa'.

[web's]


"C'era una grande festa nella capitale
perché la guerra era finita.
I soldati erano tornati tutti a casa e avevano gettato le divise.
Per la strada si ballava e si beveva vino,
i musicanti suonavano senza interruzione.
Era primavera e le donne potevano, dopo tanti anni,
riabbracciare i loro uomini. All'alba furono spenti i falò
e fu proprio allora che tra la folla,
per un momento, a un soldato parve di vedere
una donna vestita di nero
che lo guardava con occhi cattivi."

Samarcanda - R. Vecchioni

Cara la mia Flora,
questo post sarà tutto per te.

Entro in una chiesa che non mi appartiene, tu forse non lo sai, ma dopo due anni il sabato sera ancora non fa sconti per nessuno.
Un parroco mai visto, giovane e simpatico "come je sarà venuto" penso.
Vabbè, ma questo non è affare mio.
Abito talare, sorriso simpatico. A occhio e croce c'avrà un 5-6 anni più di me.
Ieri una fiaccolata, io non ci sono andata Flora, ma tu sicuramente c'eri, quando mi sono affacciata m'è sembrato di vederti. Almeno in due di quelle fiaccoline c'erano i tuoi occhi sorridenti, almeno, a me così è sembrato.

Quando c'è l'omelia, Flora mia, mi prende sempre un pò di sconforto.
-Percaritàdiddio, cerca de non piagne.-
Mi dice l'omino della coscienza.
Reggo.
-Bravissima Astro, cazzuta, reggi. Finita l'omelia, sicuro non piangi più.-

"Non so se qui avete una qualche associazione che raduni i genitori delle vittime della strada"
"Sì, ci siamo"

E' tua mamma a rispondere.

"Quand'è morto suo figlio?"

E' tutto un fiorire di date. Quanta compagnia hai, amica mia?
I miei "problemi" si sciolgono e mi chiedo perchè non sia voluta rimanere a dormire, stamattina. Mannaggiammè.

13 aprile.
Deja-vù fortissimo.
Io me lo ricordo quel giorno, Flora.
Ci siamo viste due giorni prima, mi hai sorriso.
Mi ero ripromessa di ringraziarti per le belle parole che mi avevi scritto in bacheca, qualche tempo prima.
Non potevo disturbarti, ma tanto pensavo che il tempo sarebbe bastato.

"Che fai?"
Ero appena arrivata a Roma dopo le vacanze di Pasqua e con me il mio lui, ero contenta.
Ho risposto scocciata al telefono.
"Che c'è, papà?"
"Senti, ti devo dire una cosa."
"E forza che devo ancora sistemare le cose"
"C'è stato un brutto incidente, si è fatta male una tua amica. Si è fatta male seriamente, alcuni dicono sia morta."

S'è gelato il tempo, Flora.
Credo di aver preso un'aspirina a stomaco vuoto, di aver rischiato di vomitare sangue.
Io poi non c'ho capito più niente.
Per mesi non sono riuscita a sentire "stairway to heaven" e tuttora ho difficoltà ad ascoltarla senza scoppiare in lacrime.

So solo che dovevo dirti grazie, ma che il tempo non me l'ha permesso.
Ti penso spesso, il tuo libro è nella mia libreria, c'è il tuo nome sopra.
Certe volte lo sfoglio, quanta vita m'hai passato...

Solo un arrivederci per te, amica mia.
A presto.

lunedì 26 maggio 2014

Speechless

Sonetti Sacri  - John Donne

Morte, non andar fiera se anche t’hanno chiamata
possente e orrenda. Non lo sei.
Coloro che tu pensi rovesciare non muoiono,
povera morte, e non mi puoi uccidere.
Dal riposo e dal sonno, mere immagini
di te, vivo piacere, dunque da te maggiore,
si genera. E più presto se ne vanno con te
i migliori tra noi, pace alle loro ossa,
liberazione dell’anima. Tu, schiava
della sorte, del caso, dei re, dei disperati,
hai casa col veleno, la malattia, la guerra,
e il papavero e il filtro ci fan dormire anch’essi
meglio del tuo fendente. Perché dunque sei tronfia?
Un breve sonno e ci desteremo eterni.
E morte più non sarà. E tu, morte, morrai.

Non si può morire a diciannove anni.

mercoledì 14 maggio 2014

AmarCord

[web's]

Nel collegio maschile da queste parti stanno facendo una festa.
E' tipo lo stadio, ma ogni tanto senti urla stridule femminili. Molto femminili. Troppo femminili.
Mi sale l'amarcord all'unicum. 
E al limoncello.
E presumibilmente anche alla vodka.

E poi a qualcos'altro, ma nonmeloricordopiù.
Artro che neknomination.

Mancava poco ad anatomia, era il compleanno di un'amica cara.
La festa, da casa sua, è finita nello stesso collegio maschile da cui stanno cantando ora.
L'amicodell'amicocollegiale che sottolinea lo squallore della cocacola.
"Ma nnamo, ar colleggio ce stanno bevande de tutti i tipi, nun v'aregge?"

Nnamo.
Musica, chitarre, alcolici a fiumi.
Il resto è storia.
Tornammo a casa marcissime e tutt'ora sridazziamo quando ci ritorniamo con la memoria.

Poi anatomia la rimandammo a settembre, ma questa è storia vecchia.
Vi abbraccio.

lunedì 12 maggio 2014

OggiChiSono?EcosaIndosso?

[web's]

"Io non credo nei rapporti, 
 non credo nei sentimenti,
 a me piacciono i contanti
 conto solo sui contanti."
[Oggi chi sono - Management del dolore post-operatorio]

Dopo una estenuante mattinata in otorino ed un potenziale estenuante pomeriggio sui libri, ecchime qua.
Giornate abbastanza piene, tanto che alle volte ho serie difficoltà a ritrovarmi.
Tra dubbi amletici alto-borghesi ed un Tiziano Terzani, alla fine cerco di farmi illuminare dalla sacra luce della specializzazionechefaperte,proprioperte,sìsì.

Nel complesso, frettolosamente, vivo.
Ah, e amici mi hanno scelta come testimone di nozze. Pensa che pazzi.

Vi abbraccio,
Astro

lunedì 5 maggio 2014

Che?

[Un polpo alla Gola - Zerocalcare]

"Ma che, ddavero Astrolabia è ancora viva?"

Sì lettore, sì. Sono viva.
E sono anche abbastanza cazzuta, se devo dirtela esattamente tutta.
Magari una 'nticchietta stanca, annoiata, ma 'nzomma, ormai si sa che va così.
Ho da raccontare un sacco, ma lo farò pian piano, per sprazzi di poesia e di licenze poetiche. 
Al momento questa pagina così bianca mi genera un horror vacui non indifferente, quindi mi rifarò coraggio post per post.

Vi aggiorno.
Astro.

giovedì 6 febbraio 2014

Mala Strana

[è un Milo Manara, che ci crediate o no.]

"Io l'ho capito che hai paura, sai?"
"Non era poi così difficile da intuire, Lajiniç. Però grazie per avermi dato ascolto. Alle volte davvero non saprei con chi altri confidarmi, a chi altri far annusare il mio male."
Se c'è una cosa che Lajiniç era sempre riuscito ad annusare, quello era l'odore di pioggia prima della tempesta nell'anima di Amelja.

"Non hai sbagliato nulla, Amelja, e tra qualche giorno te lo dimostrerai."
"E' solo che ho paura."

Amelja respira con fatica, qualcuno potrebbe azzardare che abbia la voce rotta dalla pioggia (atmosferica, stavolta) e dal pianto, ma lei non concederebbe sicuro un'impertinenza allusiva simile, perlomeno alla folla.
Per questo ha aspettato di essere lontana dagli occhi dei più, di attraversare tutta la Mala Strana, il Ponte Carlo gelato dalla neve. Si è stretta nel cappotto verde di lana cotta preso ai grandi magazzini, l'anno prima e ha salutato con gli occhi il palazzo della defenestrazione prima di salirsene a casa.

Nel chiuso della sua stanza, umida di pioggia  e di panni stesi ad asciugare, gli ha telefonato.

"Dimmi che è tutto infondato, che sono solo parole."
"E' tutto infondato e sono solo parole, malinka."

"Quando sei tu a parlare, mi fido. Le cose diventano meno spaventose e si ridimensionano. Io ti credo ed il punto è che credo più a te che a me, Lajiniç."
"Riposa un pò adesso, per pranzo verrò da te e mangeremo dei Blinnè, potrei cucinartene un paio io. Ma ora riposa, è importante."

Lajiniç riattaccò, chiuse i suoi testi di anatomia normale e cercò la ricetta di sua zia Masha che aveva gettato chissà dove.
"Sarebbe buffo." Si sussurrò nella testa, con fermezza. "se solo lei sapesse quanto le nostre incertezze si somigliano..."

domenica 2 febbraio 2014

Demenza Fronto-temporale

Béatrice de Géa for The New York Times

[Mrs. French with her husband, whose frontotemporal dementia was diagnosed in 2007 by a neurologist after he began to have trouble speaking.]

L'immagine viene dal sito del nytimes. E' il Video da cui è tratto, però, che vi consiglio di vedere.

In mezzo a questa frenesia verbale, a questi occhi malati, a queste cosce lunghe, questi culi sodi, questi bicipiti pompati, le parole le sto iniziando a perdere anche io.
Devo smetterla di perdere tempo, di perdere capelli, di farmi dare lezioni di poesia e di impegno sociale "dal primo idiota che passa".

Voi.
Voi, teste di cazzo.
Voi, uomini e donne di mondo.
Voi, sorrisi smaglianti e prozac nello specchietto da borsa.
Voi, illusi di essere eternamente perfetti.
Voi, col vostro personalissimo Dio nascosto nel portafoglio tra i santini, nelle pieghe delle mutande, nei banchi di una chiesa sconsacrata, nel Botox, nelle scarpe di Chloè, nel delirio dellimortaccivostra.
Annatevene tutti, npò, a fanculo.

Forse è la pioggia, forse l'influenza. Oggi ci vado giù pesante.

venerdì 31 gennaio 2014

In Cosa Vuole Specializzarsi?

[web's]

"In cosa vuole specializzarsi?"

Ho appena finito di conferire sulle neoplasie più frequenti del sistema nervoso centrale del bambino e su altri argomenti ancora.
Il professore ha un marcato accento milanese, suona strano da queste parti.
Occhi splendidi, di un azzurro intenso.
Pare quasi assurdo pensare che, con quella stessa tonalità d'azzurro, guardi cadaveri, lame affilate e pezzi di qualsiasi organo al microscopio.

Gli faccio un sorriso, aspetto che mi verbalizzi il ventisette partorito dopo un'ora di esame e due professori.

Rilancia, "Firmi qui".

Ci sorridiamo, ci sono anche gli altri due professori accanto.

Rispondo convinta, questo genere di domande, poste da chi già è arrivato, mi caricano sempre.
"La dermatologa oppure l'oftalmologa, per fine anno avrò deciso."

Fa un gesto compiaciuto, mi guarda attraverso le lenti senza montatura.
"Tutto molto raffinato, signorina."

"Vorrei qualcosa di estremamente settoriale. Rafforzarmi nel mio per poter dare il meglio."

Mi passa il libretto.
"Auguri, anche per la sua determinazione."

Esco.
Respiro forte.
Domani è un altro giorno.

mercoledì 22 gennaio 2014

Coltiva il tuo sguardo

[Web.]

"Se ti piacciono così tanto gli occhi, perchè non fai l'oculista?"

Sorrido, vaga. 
"Dovrei andare in Germania a studiare, in Italia tocca esse figli d'arte per avviarsi a certi ambienti."

Butto un occhio sul pc e vedo occhi, occhi di amici, amiche, conoscenti.
Siamo sempre più vuoti e i nostri occhi sono i nostri laghi, sono variopinti, ma non ci vedo più flora o fauna.

Che poi io, dal basso dei miei libri spessi mezzo chilometro e dei miei occhiali perfettini, non capisco come mai, la gente che si fa fotografare con bicchieri in mano, si arroghi il diritto di spiegarti com'è che va la vita.
Hanno gli occhi spenti, gli si riflette la cannuccia mozzata sull'iride. 

Ma forse loro, nemmeno lo sanno.

"Coltiva il tuo sguardo."

Un ultimo sguardo all'arredamento, e chi s'è visto s'è visto.
Svincolarsi dalle convinzioni, dalle pose e dalle posizioni.

giovedì 9 gennaio 2014

IlCapitaleUmano


[da "Il Capitale Umano", regia di Paolo Virzì]

"Facciamo che se passiamo l'esame, domani andiamo tutti e tre al cinema."
Noia mortale, tutta st'ematologia. Se non t'inventi un dopoesame rischi di morirci sopra stecchito.

Senonchè, oggi l'esame l'abbiamo passato, tutti e tre.

Il fotogramma che ho scelto ad apertura post non è nemmeno uno dei migliori, ma la rete passa ancora poco sul film del Virzì. 
Mi siedo nel cinema più in romano, dietro di me la Marina Ripa col botox in faccia e davanti, probabilmente, Virzì stesso, come si confà alle prime.

Probabilmente, a dirvela tutta, le due ore meglio impiegate nelle sale cinematografiche di questa mia graziosa vita.
La vicenda è una, ma viene vista dagli occhi di quattro personaggi differenti ed è strabiliante e allo stesso tempo raccapricciante il modo in cui le cose assumano via via sfumature differenti.
Il profumo dei soldi si mischia a quello dell'incenso delle scuole cattoliche della Milano bene, quello ovattato della sala proiezioni di un villino ad uno ben più pungente, quello della marja, sulle pareti di un interno in un quartiere popolare.

Occhi belli d'adolescenti-pellechiara, occhi pieni di xanax d'adulti-impegnati.

E Luca, d'un tratto, che con tutta questa storia proprio non c'entra niente. 
Sarà che alcune cose non riesco ad esprimerle bene e me le soffoco, me le vivo dentro, in sordina. 
Ma, quando l'ho visto, ho quasi pianto. 
Catarsi: i greci ci hanno costruito su pezzoni di drammaturgia. 
Io solo qualche serata, ma mi basta.


Non vi voglio rovinare niente, non preoccupatevi.
Pensate solo che in sala ci sono finita, con altri due, solo per l'ematologia.

A presto,
Astrolabia

sabato 4 gennaio 2014

AnnoNuovo,GiochiVecchi


[Melanconia - G. De Chirico]
 

"Strisciavano le loro ombre lungo i muri rossastri e scalcinati: egli seguiva, autòma. Diresse alla donna una parola che cadde nel silenzio del meriggio: un vecchio si voltò a guardarlo con uno sguardo assurdo lucente e vuoto. E la donna sorrideva sempre di un sorriso molle nell’aridità meridiana, ebete e sola nella luce catastrofica."
[Canti Orfici - Dino Campana]

"Quando studiavo neuro mi toccavo sempre i nervetti delle dita. Dì, te li ricordi?"
"non mi ricordo un cazzo, e smetti di parlarmi di nervi."

"Ok."

Guardo nel nulla del pub irlandese in cui sono finita, una lesbica ammicca, che piaccia alle donne non è una novità.

"Cerco su Google una cosa."
Cerca una sigla, nervi cranici, ancora.

"Ho conosciuto una ragazza ieri. Le ho detto che voglio perdere peso. Sai, ha detto che sto bene, che non devo dimagrire."
"Ah, credevo t'avesse detto che eri irrecuperabile."
Che le donne non mi piacciano non è nemmeno una novità.
Alcune parole cadono nel vento.
Non fai in tempo a pronunciarle che già si caricano tutte di noia.

Ridiamo, e sticazzi.
L'odore del legno e della birra forse non è italico, ma calma l'anima di tutti. O almeno, la nostra.

Vi saluto
 

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