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sabato 2 maggio 2020

catarsi

Mark Rothko - Untitled - 1964

Post scritto ad immagine e somiglianza di Z.

"Io non so fare niente. Non so nemmeno come si medica e non so come si sutura."
"Non ti preoccupare, te lo spiego io. Così poi diventi più brava di me."
Aveva uno sguardo rasserenante ed il tipico atteggiamento serafico degli italiani del nord.
Poche parole, pochi gesti. Ed io mi fidavo già.

Non c'è contatto di mucosa con mucosa, eppur mi infetto di te, che arrivi e porti desideri e capogiri in versi appassionati e indirizzati a me

"Vieni con me di sotto così ti offro un caffè." 
I mesi passano e lui diventa magnetico e profuma di desiderio e ne conosco ogni atteggiamento ed ogni colore ed ogni inflessione della voce. 
I mesi passano ed inavvertitamente me ne innamoro.
"Sali da me questa sera, parliamo un po'."
"Non posso perchè sono giù di un'altra."

E porgi in dono la tua essenza misteriosa che fu un brillio fugace qualche notte fa, e fanno presto a farsi vivi i miei  sospiri che alle pareti vanno a dire "ti vorrei qua"

Le uscite si intensificano e diventano uscite a due.
Piano piano usciamo solo noi e nessun'altro si ritrova a fare da filtro tra i nostri vuoti emotivi.
L'estate arriva meravigliosa ed impetuosa e dopo la sala operatoria abbiamo sempre meno pelle coperta ed il contatto fisico diventa sempre più agile, sempre meno malcelato.
"Non andiamo più d'accordo, siamo ormai una coppia solo per abitudine."
E io invece ti amo, ma nemmeno te lo so dire. 
Ma ti giuro che stasera, dopo il mare, avrò la forza di selezionare bene le parole.

Questa è la canzone che scrivo per te, l'ho promessa ed eccola: Riesci a scorgerti? Sì che ci sei,prima che ti conoscessi

Mi stringi la mano, ma stavolta è un contatto diverso, è un contatto netto, elettrico ed io già non so più cosa dire, le parole riprendono a farsi avvolgere dalla nebbia, ti dico solo che mi gira la testa e non so bene se è l'alcol o il fumo.
L'alcol sarà domani l'alibi di entrambi, il tabacco invece rimarrà una dipendenza solo mia.
Mi baci.
Ed ho perso le parole in questo groviglio emotivo. Non le vedo più.

E ho le tue mani da lasciarmi accarezzare il cuore, immune da difese che non servono

Nessuno dei due è reperibile.
Ho sete ma non so bene di cosa e se fumo un'altra sigaretta svengo.
I tacchi stanno diventando insopportabili e la pelle inizia a riscaldarsi, forse il sole della spiaggia, forse sei tu, ma adesso questi abiti selezionati con cura stanno diventando inadeguati sui nostri corpi.
It's me and you.

Ma ora ho in testa il viso di qualcuno (don't don't tell me) più speciale di me che sa cantare ma ha più stemmi da lustrare (no, don't tell me) di me e questo è il tuo svago (what you want from me)

Sta andando tutto molto veloce, ho perso il segno del discorso che avevo scritto.
Vorrei dirti qualcosa ma non riesco bene ad articolare le parole perchè sei troppo vicino ed io ho la felicità che si sta impossessando di qualsiasi fibra del mio corpo.
Però qualcosa devo dirtela. Io ti devo parlare.

Per quel che mi riguarda sei un continente obliato (no don't tell me), per quel che ho visto in fondo mi è piaciuto (I don't wanna hear, don't tell me)

Io ti amo.

Questa è (this song) la canzone che (is for me) scrivo per te(I listen) l'ho promessa (like I promised you) ed eccola(I can see me) riesci a scorgerti? (In these words from hell) non ci sei più dopo che ti ho conosciuto (that you write for me).

Non ci sei più.

domenica 5 maggio 2019

Jack Vettriano

Si, sono viva.
Beh discretamente a pezzi e con addosso una nuova nazione visitata, un nuovo flair di malattia ed il solito concetto di voluntas che però rimane sempre irrisolto, ma comunque sempre io.

Vi racconterò una storia.
La storia di L.

"Molto bella."
Bella macchina, bella situazione, bella differenza d'età.

"Andiamo a cena"
Andiamo a cena io ed L. 
Due mondi paralleli, due persone differenti, due periodi storici agli antipodi.
Lui manager, io chirurga. Lui incline al decisionismo, io alla insubordinazione.

Scherziamo, ridiamo, L. sa pressocchè tutto di me.
Sa della malattia, sa della rabbia. Sa del mio carattere insicuro e del mio modo di fare mascolino ed irritante.
L. sa ogni cosa. L. sa anche che ho paura.

Torniamo a casa. Ci salutiamo. 
Il vino non era male e nemmeno le risate e nemmeno la carbonara e nemmeno il locale in fondo.

"Sei immatura."

L. non sa un cazzo. E, forse, va anche meglio così.

mercoledì 2 maggio 2018

Melma e Voyeur.

[Egon Schiele]

Io credo che tutto questo putrido e tutto questo marcio, debba necessariamente scorrermi tra le dita.
Io credo che questa melma e questo arsume, questa voce rotta dalla commozione e questo laconico stare ferma ad osservare le vite in movimento degli altri, alla fine, siano solo la logica conseguenza del corso degli eventi.
E. dice che lei non ricorda, che lei non ha bisogno di una buona pinta per dimenticare perchè lei sì, lei ha già dimenticato ogni cosa.
Anche V. dice lo stesso, si fa un tiro e mi dice, con la erre arrotolata "è così che va la nostra vita".
E invece io no.
Guardo questo putrido e questo marcio e questa melma e questo arsume.
E rimango qui. Ferma. Soltanto a guardare.

lunedì 26 febbraio 2018

DCP

[Tavola anatomica, rapporti vascolari del pancreas - Web's]

Quando il Prof entra in sala di botto cala il silenzio.
Ha uno sguardo vitreo e muove le mani in modo preciso, essenziale.

"Lei chi è?"

Ho sulla testa una cuffietta terribilmente idiota con delle matrioske disegnate, sono al mio primo giorno in chirurgia e l'ultima gestualità chirurgica che ho visto fare è quella di una losanga per rimuovere un nevo.

"Il nuovo medico in formazione specialistica."

Mi guarda. "Da dove viene." 
Nemmeno sembra una domanda e nemmeno so bene cosa rispondere. 
Vengo da una branca clinica e da un anno nelle campagne, ma questo dettaglio preferisco serbarlo per me. Nel territorio sono piantate le mie radici, ma ora è tempo di curare la mia chioma.

"Rimane un anno con noi e poi torna in branca clinica?"
La strumentista gli sta infilando un paio di guanti, ha il viso per metà coperto dalla mascherina e mi scava dentro attraverso un paio di occhi azzurri.

"No professore. Ho deciso di diventare un chirurgo."
Mi lancia un buona fortuna tra capo e coda ed inizia la manovra di Kocher.
Rientro a casa dopo dodici ore in piedi, immobile, con qualche bicchiere d'acqua e tre sigarette addosso. Mi sdraio sul letto. Guardo il soffitto della mia nuova stanza capitolina.

Per la prima volta, dopo molto tempo, io sono io ed io sono felice.

lunedì 28 agosto 2017

Seduta ogni mattina nello specchio del caffè

[Edward Hopper]

Caffè macchiato amaro.
Due dita di latte, ceramica bianca, bancone freddo riflettente ed io riflessa, ferma, nel solito non luogo.

Solita storia del cornetto alla crema che giuroèl'ultimo chè sono a dieta.
Ma ho smontato notte, cioè ho smontato da più di 23 ore ed in quel cornetto vedo il mio piacere sublimarsi, la mia effimera ricompensa.

Ad M. piace il mio lavoro, credo gli piaccia vedermi impegnata.
Conosce la mia passione per il piccante e mi mette tra le mani un habanero red.
"Ti piace, ti dico che ti piace."

E' bello, bellissimo. La maglia nasconde maldestramente delle spalle ben disegnate ed è solido sotto le mie dita. Ha dei tratti rudi ma brilla di tenerezza. Mai ne dimenticherò la voce rotta dal pianto, in una notte di maggio, mentre dall'altro capo della cornetta gli sbattevo in faccia la mia rabbia circoscritta nel volume di un gelido addio.
Mi saluta sulla porta e mi accarezza incerto dove la luce si fa più fioca. Gli trema la mano e forse non dovrei nemmeno: "Ti trema la mano"
"Sei stata tu a mandarmi via."

A colpi di se e di ma sarei capace di editare interi romanzi.

La crema del croissant ha un buon sapore, giusto equilibrio tra limone e burro.

"Dottoressa, si sbrighi."

Il mio bell'iphone rosso suona e mi ricorda che no, non c'è tempo, non ce n'è altro. 
E mi devo sbrigare.

sabato 26 agosto 2017

Io l'amore me lo figuro come.

[Jack Vettriano]

Io l'amore me lo figuro come uno spazio vuoto.
Me lo immagino come un luogo dell'anima in cui entro, mi spoglio e scrivo un pezzo, che probabilmente rassomiglia un po' a questo.

Me lo immagino come le mie dita ferme quando traccio le codette, con l'eyeliner poggiato tra indice e pollice in una gestualità semplice e sensuale che, tuttavia, spesso non so replicare.

Ho scorto l'amore nell'ordine di N, nelle frasi effetto di C. e sul nodo della cravatta di M. Probabilmente anche sui bottoni della sua camicia, ma perderei il conto e mi confonderei, ed il pezzo verrebbe troppo nebuloso.

Io l'amore me lo figuro con la semplicità del bambino che mi sorride mentre gli solletico il collo, dopo aver pianto per la membrana fredda del fonendoscopio sul petto. Sì, me lo immagino un po' come un gesto di calma dopo la paura, una sorta di refugium peccatorum scorto dopo un cammino di sassi, cristallizzato nello stupore del non luogo, una sorta di tempio del culto che ho timore a profanare.

L'amore me lo immagino fermo sul ciglio di una strada, sguardo basso a dirmi "beh vedi, forse ti eri sbagliata."
Nel mezzo del mio cammino esistenziale io, questa passione leggera, questo gioco multiforme, me lo voglio tratteggiare in questo esatto modo.

"Alla fine uno si sente incompleto, ed è soltanto giovane" I. Calvino.
E sorrido già.

lunedì 3 luglio 2017

A ventisei anni sentirsi spacciati

[Kandinsky - quadrati con cerchi concentrici, 1913]

Se c'era una cosa che io ed N. adoravamo fare, quella era mettere punti di sutura.
N, con pazienza, guidava la mia mano sul falso taglio.
"Sutura con un Donati, brava. Ora fai una intradermica, ecco sì, non perdere il lembo..."
La luce era fioca, ma bastava ad entrambi.
Forse, però, era troppo fioca per svelarci il dramma umano di cui sarei stata interprete unica di lì a poco.

N andò via nell'esatto istante in cui tutto prese a deflagrare.
Nell'esatto istante in cui io persi colore e le cose presero a muoversi in maniera vorticosa, dandomi la nausea.
Alla fine del dramma mi sedetti sulla sponda del fiume, in attesa paziente e sommessa del mio stesso cadavere.
Accanto a me, con mia enorme sorpresa, N non c'era più.
Per la prima volta ero da sola, col cadavere di me stessa sulle mie spalle.

A ventisei anni, col cadavere di me stessa sulle mie stesse spalle, mi sentii spacciata.
A ventisei anni, col cadavere di me stessa sulle mie stesse spalle, provo a ripartire.

 

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