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lunedì 28 agosto 2017

Seduta ogni mattina nello specchio del caffè

[Edward Hopper]

Caffè macchiato amaro.
Due dita di latte, ceramica bianca, bancone freddo riflettente ed io riflessa, ferma, nel solito non luogo.

Solita storia del cornetto alla crema che giuroèl'ultimo chè sono a dieta.
Ma ho smontato notte, cioè ho smontato da più di 23 ore ed in quel cornetto vedo il mio piacere sublimarsi, la mia effimera ricompensa.

Ad M. piace il mio lavoro, credo gli piaccia vedermi impegnata.
Conosce la mia passione per il piccante e mi mette tra le mani un habanero red.
"Ti piace, ti dico che ti piace."

E' bello, bellissimo. La maglia nasconde maldestramente delle spalle ben disegnate ed è solido sotto le mie dita. Ha dei tratti rudi ma brilla di tenerezza. Mai ne dimenticherò la voce rotta dal pianto, in una notte di maggio, mentre dall'altro capo della cornetta gli sbattevo in faccia la mia rabbia circoscritta nel volume di un gelido addio.
Mi saluta sulla porta e mi accarezza incerto dove la luce si fa più fioca. Gli trema la mano e forse non dovrei nemmeno: "Ti trema la mano"
"Sei stata tu a mandarmi via."

A colpi di se e di ma sarei capace di editare interi romanzi.

La crema del croissant ha un buon sapore, giusto equilibrio tra limone e burro.

"Dottoressa, si sbrighi."

Il mio bell'iphone rosso suona e mi ricorda che no, non c'è tempo, non ce n'è altro. 
E mi devo sbrigare.

sabato 26 agosto 2017

Io l'amore me lo figuro come.

[Jack Vettriano]

Io l'amore me lo figuro come uno spazio vuoto.
Me lo immagino come un luogo dell'anima in cui entro, mi spoglio e scrivo un pezzo, che probabilmente rassomiglia un po' a questo.

Me lo immagino come le mie dita ferme quando traccio le codette, con l'eyeliner poggiato tra indice e pollice in una gestualità semplice e sensuale che, tuttavia, spesso non so replicare.

Ho scorto l'amore nell'ordine di N, nelle frasi effetto di C. e sul nodo della cravatta di M. Probabilmente anche sui bottoni della sua camicia, ma perderei il conto e mi confonderei, ed il pezzo verrebbe troppo nebuloso.

Io l'amore me lo figuro con la semplicità del bambino che mi sorride mentre gli solletico il collo, dopo aver pianto per la membrana fredda del fonendoscopio sul petto. Sì, me lo immagino un po' come un gesto di calma dopo la paura, una sorta di refugium peccatorum scorto dopo un cammino di sassi, cristallizzato nello stupore del non luogo, una sorta di tempio del culto che ho timore a profanare.

L'amore me lo immagino fermo sul ciglio di una strada, sguardo basso a dirmi "beh vedi, forse ti eri sbagliata."
Nel mezzo del mio cammino esistenziale io, questa passione leggera, questo gioco multiforme, me lo voglio tratteggiare in questo esatto modo.

"Alla fine uno si sente incompleto, ed è soltanto giovane" I. Calvino.
E sorrido già.

lunedì 3 luglio 2017

A ventisei anni sentirsi spacciati

[Kandinsky - quadrati con cerchi concentrici, 1913]

Se c'era una cosa che io ed N. adoravamo fare, quella era mettere punti di sutura.
N, con pazienza, guidava la mia mano sul falso taglio.
"Sutura con un Donati, brava. Ora fai una intradermica, ecco sì, non perdere il lembo..."
La luce era fioca, ma bastava ad entrambi.
Forse, però, era troppo fioca per svelarci il dramma umano di cui sarei stata interprete unica di lì a poco.

N andò via nell'esatto istante in cui tutto prese a deflagrare.
Nell'esatto istante in cui io persi colore e le cose presero a muoversi in maniera vorticosa, dandomi la nausea.
Alla fine del dramma mi sedetti sulla sponda del fiume, in attesa paziente e sommessa del mio stesso cadavere.
Accanto a me, con mia enorme sorpresa, N non c'era più.
Per la prima volta ero da sola, col cadavere di me stessa sulle mie spalle.

A ventisei anni, col cadavere di me stessa sulle mie stesse spalle, mi sentii spacciata.
A ventisei anni, col cadavere di me stessa sulle mie stesse spalle, provo a ripartire.

 

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