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sabato 26 agosto 2017

Io l'amore me lo figuro come.

[Jack Vettriano]

Io l'amore me lo figuro come uno spazio vuoto.
Me lo immagino come un luogo dell'anima in cui entro, mi spoglio e scrivo un pezzo, che probabilmente rassomiglia un po' a questo.

Me lo immagino come le mie dita ferme quando traccio le codette, con l'eyeliner poggiato tra indice e pollice in una gestualità semplice e sensuale che, tuttavia, spesso non so replicare.

Ho scorto l'amore nell'ordine di N, nelle frasi effetto di C. e sul nodo della cravatta di M. Probabilmente anche sui bottoni della sua camicia, ma perderei il conto e mi confonderei, ed il pezzo verrebbe troppo nebuloso.

Io l'amore me lo figuro con la semplicità del bambino che mi sorride mentre gli solletico il collo, dopo aver pianto per la membrana fredda del fonendoscopio sul petto. Sì, me lo immagino un po' come un gesto di calma dopo la paura, una sorta di refugium peccatorum scorto dopo un cammino di sassi, cristallizzato nello stupore del non luogo, una sorta di tempio del culto che ho timore a profanare.

L'amore me lo immagino fermo sul ciglio di una strada, sguardo basso a dirmi "beh vedi, forse ti eri sbagliata."
Nel mezzo del mio cammino esistenziale io, questa passione leggera, questo gioco multiforme, me lo voglio tratteggiare in questo esatto modo.

"Alla fine uno si sente incompleto, ed è soltanto giovane" I. Calvino.
E sorrido già.

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